Come sono cambiati i rally in un secolo di storia
I primi rally
I Rally hanno subito diversi cambiamenti nella loro storia, lunga oltre un secolo. L’esordio della disciplina risale convenzionalmente al gennaio 1911, quando si corse il primo Rallye di Monte Carlo, anche se in precedenza furono disputate altre gare con formule simili (ad esempio la Parigi-Rouen del 1894, la Parigi-Bordeaux-Parigi e la Bordeaux-Agen-Bordeaux del 1895).
Dapprima vere e proprie maratone, lunghe diversi giorni e con pochi e brevi periodi di riposo, le corse su strada sono evolute verso un maggiore equilibrio tra i trasferimenti su strade aperte al traffico e le prove speciali su percorsi chiusi alla normale circolazione.
Inizialmente erano prevalentemente gli stessi equipaggi a prendersi direttamente cura della preparazione delle vetture, sulle quali gli allestimenti di sicurezza non erano quelli che siamo abituati a vedere sulle auto di oggi. Si correva con “l’auto di tutti i giorni”, e le “elaborazioni” spesso si limitavano al cambio degli pneumatici: vi sono stati anche casi di corse disputate con auto prese a noleggio, non dai team come accade oggi ma dalla… Hertz (o altri): Alcuni di questi piloti sono stati “scoperti” al lunedi quando, dopo aver vinto la gara, si sono visti pubblicare la foto sul quotidiano locale!
Con l’evoluzione della tecnologia, le soluzioni sperimentate nelle corse si sono trasferite sulle auto di tutti i giorni; alcuni equipaggiamenti di sicurezza oggi presenti anche su piccole utilitarie hanno “debuttato” nei Rally.
Verso una maggior sicurezza
Col passare degli anni, anche le auto da gara hanno subito una evoluzione verso una maggiore sicurezza, con l’adozione obbligatoria, tra le altre, del roll-bar (o gabbia di sicurezza). Sono quindi nati i preparatori, ovvero i “maghi” che elaboravano e mettevano a punto le vetture; grazie alle loro intuizioni, poteva anche capitare che piloti “privati” riuscissero ad ottenere risultati analoghi ed a volte persino migliori delle auto “ufficiali”, ovvero quelle iscritte direttamente dai reparti corse delle case costruttrici.
Allo stesso tempo sono cresciute, in numero ed importanza, le scuderie, ovvero le società che, spesso nate dall’unione di un gruppo di appassionati, hanno rappresentato un polo di aggregazione organizzando la fornitura di beni e servizi (quali pneumatici, logistica, assistenza) e la gestione finanziaria e degli “sponsor” per i loro soci e piloti.
Il movimento intero ha quindi subito una crescita, sia nel numero dei praticanti che in quello delle gare: se per la maggior parte degli equipaggi l’assistenza consisteva (ed è vero ancora oggi) di un qualche parente o amico “costretto” a trasportare gomme, taniche di benzina e ricambi, con mamme, mogli o fidanzate addette al vettovagliamento, le squadre ufficiali hanno iniziato a disporre di mezzi sempre maggiori (e numerosi), introducendo oltre ai furgoni ed alle “veloci” (vetture sulle quali sedevano un paio dei meccanici migliori e che “seguivano” letteralmente le auto in gara, tranne che nelle prove speciali) i camper per la ristorazione, medici e fisioterapisti, per arrivare alle assistenze aviotrasportate (con i meccanici che venivano spostati in elicottero o, nelle gare africane, in aereo).
Dalle assistenze libere ai parchi assistenza
Verso la metà degli anni ‘90, la necessità di ridurre l’impatto delle manifestazioni sul territorio ha favorito la creazione dei parchi assistenza, punti dedicati dove i meccanici possono intervenire sulle vetture in tempi prestabiliti. Questo per il duplice scopo di ridurre gli spostamenti dei furgoni delle assistenze (costretti in precedenza a vere e proprie “gare nella gara”) e di non obbligare gli equipaggi a “tirare” nei trasferimenti per guadagnare minuti che potevano poi rivelarsi essenziali per lavorare sulle auto, quando le assistenze si facevano “a bordo strada” ed il tempo a disposizione era “rubato” al tempo di settore.
L’avvento dei parchi assistenza ha modificato in parte anche la gestione e la progettazione delle auto da corsa: gli interventi che vengono effettuati (al di fuori di eventuali emergenze ad esempio per ripristinare una vettura incidentata) seguono dei menu precisi, stabiliti in funzione del tipo (e durata) dell’assistenza (Art. 13.3 NG). Ogni intervento al di fuori dei parchi assistenza (tranne alcune eccezioni come ad esempio le assistenze remote, Art. 13.5 NG) deve essere effettuato esclusivamente dall’equipaggio e con i mezzi (e ricambi) trasportati a bordo della vettura. Quindi oggi i mezzi di assistenza non devono più spostarsi durante la gara, ed è quindi sempre più frequente la transizione dai furgoni ai bilici, all’interno dei quali i grandi team trasportano, oltre ai ricambi, gomme, e tutte le attrezzature per montare delle strutture semipermanenti, anche le auto stesse.
Per quanto riguarda il rifornimento di carburante, ferma restando la possibilità per i piloti di rifornirsi, a certe condizioni, “al distributore”, si assiste sempre più spesso alla presenza di un fornitore unico obbligatorio di carburante, che provvede al rifornimento con proprio personale, in zone “refuelling” appositamente designate, con presenza di dispositivi e personale di sicurezza (antincendio).
I percorsi a margherita
Le gare hanno quindi mutato fisionomia, sviluppandosi con percorsi “a margherita” intorno all’epicentro del parco assistenza. Diminuisce il chilometraggio delle prove speciali, anche per motivi quali la durata degli pneumatici (il cui numero è regolamentato), si tende a ridurre (per motivi di sicurezza) il numero delle prove speciali corse in notturna (il cui fascino tanto ha fatto per rendere popolare questa specialità), mettendo l’accento sulla sicurezza dei piloti e degli spettatori. Perchè, nonostante tutto, le prestazioni delle vetture continuano ad aumentare, come vedremo più avanti analizzando l’evoluzione della tecnica e dei regolamenti.
In ogni caso, oltre alle auto i veri protagonisti rimangono sempre i piloti. Ed uno dei motivi del successo dei Rally è proprio il contatto tra gli appassionati ed i loro idoli, che i bambini sognano di imitare crescendo (ed i grandi forse invidiano un poco) quando li vedono sfrecciare sui loro bolidi variopinti.