La perfetta combinazione tra talento e metodo


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Chi, vedendo le immagini di un’auto da corsa in velocità, non ha sognato di fare il pilota? Protagonista per antonomasia delle corse, il pilota è il fulcro attorno al quale ruota tutta la squadra, grande o piccola che sia.

Iniziamo ad analizzare il ruolo del pilota partendo dalla base, che non è il talento (quella è una dote innata) né l’abilità di guida (sulla quale si può e si deve lavorare di continuo) ma l’equipaggiamento.

Per correre nei Rally, i piloti devono indossare l’abbigliamento ignifugo omologato, ovvero tuta, sottotuta (maglia + pantaloni), calze, scarpe e sottocasco. Devono inoltre avere un casco ed un dispositivo di ritenuta della testa (il più comune è il collare HANS, ma si sta diffondendo anche un “corpetto”, chiamato Hybrid, che ha il vantaggio di potere essere indossato anche fuori dall’auto lasciando maggiore libertà di movimento) omologati. I piloti devono anche indossare i guanti ignifughi.

L’insieme dell’equipaggiamento (abbigliamento/casco/Hans) rappresenta un investimento importante, superiore ai 1.500 Euro. Per questo motivo, specie per chi è all’inizio e magari vuole “provare” a vedere come sono i Rally da dentro, può convenire pensare al noleggio. Sono ormai in diversi ad offrire questo servizio, anche con consegna e ritiro direttamente sui campi di gara.

Diverse ditte producono abbigliamento da pilota, spesso personalizzato con ricami (oppure stampe) di sponsor, marche di auto, pneumatici etc. che a volte diventa oggetto di collezione per gli appassionati, tanto che esistono in vendita, ad esempio, dei giubbotti che replicano le tute da corsa.

Pilota prima dello start PS – ph. Mario Leonelli


Capitolo diverso e ben più esteso per quanto riguarda l’imparare a “pilotare”. Come in qualsiasi altro sport, si deve iniziare ad allenarsi e progredire per gradi. Nel caso delle corse su strada (quali sono i Rally) l’allenamento non può, per ovvie ragioni, prescindere dalle regole del codice della strada. Come in qualsiasi sport, sono pochi gli “autodidatti” che sono arrivati ad avere buoni risultati; più frequente è il caso di persone dotate di talento che si sono affidate a degli “allenatori” capaci di aiutarli a sviluppare le loro potenzialità e crescere. In questo caso parliamo innanzitutto delle varie “scuole di pilotaggio”: ne esistono diverse, sia in Italia che all’estero, con programmi che spaziano dal “corso base” fino ad un vero e proprio “coaching” con gli istruttori che seguoni gli allievi anche sui campi di gara.

E tra le cose da imparare una delle più basilari è il “prendere le note”, ovvero come descrivere in maniera efficace la strada durante le ricognizioni: il numero dei passaggi a disposizione è limitato per regolamento, e se la guida richiede talento il metodo delle note invece deve avere una base rigorosa e replicabile. Ci vogliono anni di esperienza per mettere a punto un buon sistema di note; queste devono consentire al pilota di “visualizzare” nel modo più preciso possibile la strada che si troverà davanti, e sono quindi lasciate al suo giudizio personale. 

In ogni caso, è importante la scelta (ed il rapporto) con l’altra metà dell’equipaggio, colui (o colei) che con il pilota dividerà oneri ed onori.